15 ottobre 2025
| areaPer salvare il pianeta basta con la fi nanza casinò
L’economista Marc Chesney spiega come il sistema finanziario speculativo e il capitalismo predatorio siano responsabili dell’attuale stato di crisi mondiale e dell’ascesa al potere dei fascismi
Federico Franchini
Guerre, distruzioni ambientali, disuguaglianze, ascesa dell’estrema destra: il mondo è in crisi e una delle cause è la crescita della finanza speculativa. È questa la tesi di Marc Chesney, professore di finanza all’Università di Zurigo fino al 2024 e uno dei pochi accademici svizzeri ad avere analizzato e criticato i rischi di quella che definisce “finanza casinò”. Lo abbiamo intervistato per parlare del suo nuovo libro da poco uscito in francese (STOP. Alarme contre la finance casino et la marchandisation du vivant, Éditions d’en bas).
Professore Chesney, all’inizio del suo libro troviamo una riproduzione de L’urlo, la famosa opera del pittore norvegese Edvard Munch. Cosa rappresenta questo urlo?
È un grido d’allarme di fronte alle catastrofi, siano esse passate, presenti o future, se non si interviene. Il mio libro vuole analizzare la situazione e riflettere sulle soluzioni per ridurre il senso di impotenza o l’angoscia che ci assale.
Lei fa un’analisi critica di quella che definisce “finanza casinò”. Può spiegarci innanzitutto cos’è questa finanza casinò?
La finanza casinò è un sistema altamente instabile caratterizzato da scommesse e debiti, che continuano ad aumentare, e i cui rischi, a partire da un certo livello, sono assunti dal contribuente. Effettuare operazioni dubbiose e complesse, ed effettuare scommesse ad alta velocità, nel contesto di mercati finanziari deregolamentati e manipolati, sono altre caratteristiche prominenti della finanza casinò. Questo sistema risucchia capitali provenienti dai settori cosiddetti produttivi per trasformarli in giocate per le sue scommesse smisurate o in garanzie per le sue operazioni discutibili.
Lei dedica un capitolo al crollo di Credit Suisse. Quale è la cosa che l’ha colpita di più in questo caso che ha portato alla scomparsa della seconda banca svizzera più grande?
Il Credit Suisse era uno dei principali attori della finanza casinò. In questo contesto caotico di finanza sfrenata, alcuni istituti escono vincitori da queste partite di poker bugiardo su larga scala, altri affondano. In generale, i dirigenti di queste istituzioni si riempiono le tasche, mentre la gente comune subisce le conseguenze di queste malversazioni pagando in un modo o nell’altro. È estremamente scioccante e il fallimento di CS illustra questa situazione.
E che dire delle autorità di regolazione svizzere?
Ciò che è altrettanto spiacevole è l’incapacità o l’incompetenza dell’élite politica e delle cosiddette autorità di regolamentazione che hanno lasciato fare per dodici anni, facendo approvare nel 2011 una legge denominata “too big to fail”. Quest’ultima avrebbe dovuto prevenire il fallimento di una banca di importanza sistemica, ma così non è stato. Al di là del crollo di CS, si tratta quindi del fallimento del sistema della finanza casinò e di un’élite politica che ha “pudicamente” distolto lo sguardo. Senza dimenticare il mondo accademico che troppo spesso ha dato prova di una compiacenza fuori luogo nei confronti delle grandi istituzioni finanziarie.
Oggi assistiamo a un incredibile aumento della concentrazione della ricchezza. Quali sono le cause?
Questa insensata concentrazione di ricchezza è dovuta principalmente alla concomitanza di due fenomeni: la finanziarizzazione e la digitalizzazione dell’economia, caratteristiche dell’attuale neoliberismo nella sua versione libertaria. La finanziarizzazione pone l’economia e la società agli interessi di un settore finanziario in corsa libera, dominato dalle banche centrali, dalle società di gestione patrimoniale, di cui BlackRock è l’ammiraglia, dalle banche sistemiche e dalla “finanza ombra” con i suoi fondi speculativi più potenti. Ogni attore svolge il proprio ruolo in questo processo di assoggettamento della maggioranza. Ad esempio, le banche centrali iniettano ogni volta che è necessario, e in particolare durante la crisi del 2008, enormi volumi di liquidità nei mercati finanziari per evitare un crollo improvviso del sistema.
E per quanto riguarda la digitalizzazione, quali sono i suoi effetti negativi?
La digitalizzazione è il risultato dei progressi dell’informatica, di Internet e dell’intelligenza artificiale in particolare, e ha come conseguenza una distruzione di posti di lavoro che si accentua rispetto alla loro creazione. In molti settori di attività, il lavoro umano viene così sostituito su larga scala dalla macchina o dall’algoritmo. La digitalizzazione dell’economia dovrebbe generare tempo libero in una società ben organizzata e sostenibile. Al contrario, nel contesto neoliberista, aumenta la miseria, la precarietà e la sottoccupazione - poiché i disoccupati sono spesso trasformati in lavoratori poveri - e persino la disoccupazione.
I teorici del neoliberismo tendono a mettere in risalto il cosiddetto sgocciolamento, la teoria secondo la quale i benefici economici che avvantaggiano i ceti abbienti favoriscono l’intera società, anche le fasce più deboli…
Nell’era della finanziarizzazione e della digitalizzazione dell’economia, le ingiustizie sociali hanno assunto una portata senza precedenti. Il presunto sgocciolamento della ricchezza non obbedisce semplicemente alle leggi di gravità: operando dal basso verso l’alto, consente a coloro che possiedono già fortune considerevoli di accumularne ancora di più, a scapito del resto della società. Mai nella storia tali ricchezze si erano concentrate in così poche mani e in così poco tempo. Questo processo è accompagnato da un cinismo, se non addirittura da un’arroganza senza limiti, da parte della minuscola percentuale della popolazione mondiale che ne beneficia.
Lo stato attuale del mondo è drammatico: guerre, crisi ambientali e l’ascesa al potere di quello che lei chiama “estremismo libertario” con il suo comandante in capo Donald Trump. Quando la democrazia ha fallito e quale è il legame con la finanza casinò?
La finanza casinò e l’estremismo libertario sono incompatibili con la democrazia. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a uno spettacolo pietoso, a una sottomissione anticipata dei leader europei, compresi quelli svizzeri, che non hanno smesso di compiacere non la popolazione, ma il re Donald, cercando di fargli l’offerta più allettante, con l’acquisto di più armi, petrolio o gas. In un momento in cui tiranni sanguinari e ottusi vengono messi su un piedistallo mediatico, la democrazia è più virtuale che reale. L’estrema destra e la versione libertaria del capitalismo hanno il sopravvento. Veicolano un linguaggio semplicistico, violento, razzista e abietto, con personaggi come Donald Trump, Elon Musk, Javier Milei, individui il cui posizionamento li colloca alla confluenza tra neofascismo e affari dubbi, se non addirittura mafiosi. Ritroviamo qui il tema dell’opera teatrale di Bertolt Brecht, La resistibile ascesa di Arturo Ui, parabola della presa di potere di Adolf Hitler, trasposta nell’ambiente della criminalità organizzata.
La guerra è inevitabilmente consustanziale al capitalismo e al neoliberismo?
La guerra è un business, è consustanziale al capitalismo, in particolare nella sua versione libertaria. L’eventuale pace è una parentesi tra due conflitti. Distruzioni di ogni tipo, bombardamenti e massacri di civili, come quelli perpetrati sotto gli ordini di Benjamin Netanyahu e del suo governo di estrema destra ultranazionalista nella Striscia di Gaza, sono all’ordine del giorno. Il terrorismo di Stato e gli attentati terroristici fanno parte dell’inquietante contesto attuale. Anche la guerra in Ucraina illustra gli innumerevoli sacrifici umani richiesti dal sistema attuale. L’economia convenzionale si concentra, tra l’altro, sul PIL e sulla sua crescita, sulla produzione di un sistema che in realtà distrugge su larga scala e molto più di quanto produca.